L’ I M U (già ICI) e le regole
In questi ultimi tempi brulicano (dicono a Striscia) le argomentazioni sul famigerato tributo che, francamente, non rispondono alla realtà e sulle quali, pertanto, è bene fare chiarezza soprattutto perché a volte viene dipinta la Reges come un vampiro avido di tributi e il Comune, che ne è il maggior azionista, appare invece come il santo protettore del cittadino cui viene riconosciuta la legittimità di protestare per “porre un argine”, si legge e da veramente fastidio all’epididimo, a questo “ennesimo tributo” ereditato dal passato.
Ebbene, che questo tributo venga dal passato è vero ma chiariamo subito che fu istituito, come tutti è bene che sappiano, dal Governo italiano con Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 con il nome di ICI, imposta comunale immobili. Il presupposto dell’imposta era, ed è, il possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato italiano dove per area fabbricabile si è sempre intesa l’area utilizzabile a scopo edificatorio, concetto ripreso con l’istituzione dell ‘IMU, imposta municipale propria, che dell’ICI è figlia.
Ciò premesso, a seguito del 1° comma dell’art. 59 del dlgs 446/97 e allo scopo di ridurre l’insorgenza di contenzioso ( si veda circolare ministeriale 296/E del 31 dicembre 1998) tra Comune e cittadini, praticamente come avviene adesso, con delibera di Giunta municipale n. 251 del 28 marzo 2001 sono stati definiti i valori delle aree fabbricabili che, sempre con delibera di Giunta, sono stati aggiornati della variazione Istat nel 2012. La portata di tali delibere, peraltro non obbligatorie, è diventata più comprensibile dopo che la Cassazione con l’ordinanza n. 13105/2012 ha stabilito che i valori medi delle aree fabbricabili fissati dal Consiglio Comunale con regolamento sono vincolanti mentre sono solo delle direttive interne se deliberati dalla Giunta.
Detto questo e poiché chiunque possieda un terreno è effettivamente tenuto al pagamento del tributo, che non è ereditato ma si iniziò ad imporre per Legge nel 1992, l’unica cosa da fare, nel momento in cui si venga a conoscenza della potenzialità edificatoria dello stesso, è rivolgersi all’ufficio tributi del Comune (fino al 2006 lo si faceva recandosi presso l’ufficio ICI al Cedir) oggi presso la Reges, dove, di norma, ci si vedrà applicare il giusto valore fra minimo e massimo innanzitutto in base all’indice di fabbricabilità, e poi in base alla zona, alla destinazione d’uso, alle condizioni del terreno e quant’altro e dove, peraltro, si potrà opporre eventuali vincoli di inedificabilità o altro che limiti le possibilità edificatorie in maniera da pervenire ad un giusto compromesso.
Bene dunque che si parli di accertamento con adesione ma non come novità, visto che ne è previsto il primo regolamento ICI sin dal 2000, ma come semplice strumento per convenire, senza esserne sorpresi, che il tributo non si può evitare.
Plaudo comunque all’iniziativa del Comune di un incontro che però, mi si scusi con le varie associazioni dei consumatori, va fatto principalmente con associazioni quali le nostre (che hanno preso conoscenza dell’incontro solo dalla stampa) che sono veramente in grado di spiegare le specificità del tributo sulla proprietà immobiliare così come sono in grado di indicare quali enormi discrasie si possano rinvenire nei regolamenti , quelli si che sono ereditati, insapientemente deliberati dalla terna commissariale e che, si legge, la Giunta vorrebbe modificare, speriamo con la nostra collaborazione, nata con la prima Giunta Falcomatà che ci accordò (consiglieri Canale e Albanese) la prima ICI agevolata sugli immobili locati a canone concordato e proseguita con la Giunta Scopelliti che ce la riconfermò migliorandola (consiglieri Cutuli, Laface) per attenuare “l’insostenibile pressione fiscale”-.
Domenico Cuccio
(Presidente onorario UPPI Reggio Calabria)