Con la sentenza 209 del 2022 la Corte costituzionale ha riscritto la nozione di abitazione principale ai fini Imu, eliminando il riferimento al “nucleo familiare” e quindi consentendo ai coniugi aventi residenze diverse di usufruire dell’esonero dall’imposta.
Prima della Consulta
Prima dell’intervento della Consulta la disposizione sull’abitazione principale consentiva ai coniugi con abitazioni nello stesso Comune di esonerare solo una delle due, mentre in caso di doppie abitazioni in comuni diversi l’agevolazione veniva negata dalla Cassazione poiché mancava, sotto lo stesso tetto, la coabitazione del proprietario e del suo nucleo familiare.
Alla fine del 2021 è intervenuto il legislatore con il Dl 146/2021 per contrastare il rigorismo della Cassazione che negava l’esonero ad entrambi i coniugi, consentendo di scegliere quale delle due abitazioni considerare “principale” (da esonerare), norma però in vigore dal 2022.
La sentenza 209/2022
Nel frattempo è stata interessata la Corte costituzionale che con la sentenza 209 del 13 ottobre 2022 ha chiuso definitivamente l’annosa questione affermando che l’esonero spetta sempre al possessore dell’immobile che vi risieda e vi dimori abitualmente, indipendentemente dal nucleo familiare.
In sostanza la Consulta riscrive la definizione di abitazione principale, quale «immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente».
Si tratta di una novità di rilievo che incide sull’acconto Imu 2023, con scadenza il prossimo 16 giugno.
Quando spetta il doppio esonero
Occorre comunque prestare attenzione perché l’esonero per entrambe le abitazioni spetta solo se i coniugi hanno la residenza e la dimora abituale nelle abitazioni di proprietà. In sostanza, come evidenziato dalla stessa Corte costituzionale, la previsione di esonero non può mai essere applicata alle “seconde case” o case di vacanza. Non si può quindi inventare un diritto all’esonero generalizzato, come se fossero “prime case” tutte le “seconde case” che si trovano verosimilmente al mare, in montagna, al lago o in campagna.
I Comuni potrebbero peraltro effettuare i dovuti controlli in base ai consumi di elettricità, gas, eccetera, della (presunta) abitazione principale.
Pertanto, chi non ha la dimora abituale deve continuare ad effettuare il versamento dell’Imu con l’aliquota prevista per le seconde case.
Le annualità pregresse
Va detto, inoltre, che la sentenza 209 del 2022 riguarda anche le annualità pregresse, poiché la dichiarazione di illegittimità di una norma di legge ha effetti retroattivi e rende invalida fin dall’origine quella norma, salvo il limite delle situazioni giuridiche definitive tra cui le sentenze passate in giudicato, l’atto amministrativo non più impugnabile, la prescrizione e la decadenza.
Tra le situazioni definitive e non più ritrattabili si segnalano gli accertamenti notificati e per i quali il contribuente ha prestato acquiescenza pagando l’importo dovuto, nonché gli accertamenti notificati e divenuti definitivi per mancata impugnazione dei termini ma per i quali il contribuente non ha effettuato alcun pagamento.
Tra le situazioni non definitive figurano invece i pagamenti spontanei eseguiti dai contribuenti, ad esempio nel caso di coniugi che hanno pagato l’imposta in quanto residenti in comuni diversi, oppure che hanno due immobili nello stesso comune ma hanno limitato l’esenzione ad un solo immobile.
In tali casi è possibile presentare istanza di rimborso entro cinque anni dal versamento (comma 164, legge 296/06), documentando la sussistenza della dimora abituale con i consumi dei servizi a rete o con altri elementi (luogo di lavoro, medico curante, scuole frequentate dai figli, eccetera). Si evidenzia che l’onere della prova è a carico del contribuente che richiede la restituzione di somme versate, per cui il comune potrebbe rigettare la richiesta se non ritiene provato il diritto al rimborso.
di Giuseppe Debenedetto
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