Con Legge n. 220 dell’11.12.2012, entrata in vigore il 18.06.2013, – relativa alle modifiche alla disciplina del condominio negli edifici – il legislatore ha voluto rendere più inciso il recupero delle spese dei condomini morosi.
Già precedentemente alla succitata riforma il primo comma dell’art. 63 disp. att. c.c. prevedeva che: “Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione”.
Attualmente, a seguito dell’entrata in vigore della sopra citata legge, l’amministratore ha un preciso OBBLIGO di attivarsi per la riscossione forzosa delle somme dovute dai condomini morosi entro un termine improrogabile che, il nuovo art.1129, 9 comma c.c., ha fissato in sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.
A tal fine, il novellato art.63 disp.att. c.c., ampliato nei suoi contenuti dall’art.18 della legge di riforma, separa da qualsiasi preventiva autorizzazione dell’assemblea il potere dell’amministratore di richiedere la procedura d’ingiunzione, decreto ingiuntivo che verrà concesso, dall’autorità giurisdizionale adita, immediatamente esecutivo, anche se allo stesso ricorso verrà proposta opposizione. Bisogna precisare che affinché venga concessa la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo, l’art. 63 dip.att.c.c. fa espresso riferimento allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea. Da qui risulta, pertanto necessario che in sede di delibera di approvazione non solo dei bilanci ordinari, ma anche di eventuali spese straordinarie, vengano espressamente indicate l’approvazione sia della spesa sia del piano di riparto. In caso contrario, il Giudicante non potrà concedere la provvisoria esecutorietà del decreto.
L’amministratore sarà quindi tenuto a documentare e comprovare la formazione del credito per cui si procede, fin dal momento della convocazione di assemblea, per la quale – a sensi del nuovo art.66 , 3 comma disp.att. c.c. – “l’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’art.1137 c.c. su istanza dei dissenzienti o assenti, perché non ritualmente convocati”.
Ricapitolando, ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo, servirà quindi :
– produrre e depositare tutti quei documenti necessari a dimostrare la corretta formazione del credito quali l’avviso di convocazione e prova di consegna dell’avviso al condomino moroso;
– il verbale sottoscritto in assemblea condominiale in cui sono contenute le delibere di approvazione del bilancio consuntivo, bilancio preventivo e di eventuali spese straordinarie
-i prospetti di ripartizione dei bilanci e delle spese straordinarie, i bilanci (consuntivo e riparto; – preventivo e riparto; eventuali spese straordinarie e riparto)
– eventuali diffide al condomino moroso che l’amministratore ha provveduto ad inviargli.
A quest’ultimo riguardo, un recentissimo orientamento della Suprema Corte (Cassazione civile , sez. II, sentenza 16.04.2013 n° 9181) ha statuito che l’amministratore, anche senza un preventivo atto di messa in mora, può agire in giudizio per ottenere un decreto ingiuntivo contro i condomini morosi. La clausola regolamentare che preveda l’obbligo per l’amministratore di contestare formalmente la morosità comporta eventualmente una responsabilità da inesatto adempimento del mandato, ma non anche la preclusione ad agire in via monitoria. Nella fattispecie in esame, una coppia di condomini morosi si opponeva al decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti, sostenendo l’improcedibilità dell’azione moratoria perché, contrariamente a quanto espressamente previsto dal regolamento di condominio, l’amministratore non li aveva preventivamente messi in mora. Tuttavia, ad avviso della Suprema Corte, il motivo è manifestamente infondato in quanto nella norma del regolamento condominiale de quo non è fatto divieto all’amministratore di agire in via monitoria senza previa messa in mora: la norma si limita, piuttosto, a fissare una regola di condotta dalla cui violazione potrebbe, in ipotesi, discendere una responsabilità da inesatto adempimento del mandato, ma non la preclusione processuale invocata. Del resto, si fa notare, come lo stesso art. 1129 c.c., precisa, in termini generali, che la costituzione in mora non è necessaria quando, scaduto il termine del pagamento, la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore (ovvero, nel caso, presso l’amministratore).
Tornando al novellato art. 63 disp.att.c.c., si ribadisce come non si tratti solo di un potere, ma di un vero e proprio obbligo quello dell’amministratore di attivarsi nei confronti dei condomini morosi, tant’è che – alla luce della mancata ottemperanza al medesimo onere – quest’ultimo rischia la revoca dal proprio incarico.
La disposizione in oggetto, stabilisce – inoltre – che in caso di mora nel pagamento dei contributi protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, anche in tal caso, senza che occorra una preventiva autorizzazione in tal senso, anche se contenuta nel regolamento di condominio.
Si fa ancora notare, come lo spirito della novella sia quello di conferire maggiori poteri all’amministratore a tutela sia dei terzi creditori del condominio e sia delle posizioni dei condomini non morosi, con un inasprimento della posizione del condomino moroso, senza una distribuzione della responsabilità, precedentemente ispirata a una concezione fondata sull’esistenza di un vincolo di solidarietà fra i condomini. Sotto questo aspetto, il secondo comma dell’articolo in oggetto prevede che “i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”.
Tuttavia, il vincolo di solidarietà giuridica, rimane ove per il creditore sia infruttuosa l’escussione preventiva del patrimonio del condomino moroso, con possibilità per quest’ultimo di agire nei confronti di tutti gli altri condomini, seppur in regola con i pagamenti.
Ed onde consentire ai creditori il recupero dei propri crediti, la riforma della disciplina del condominio contempla la possibilità anche per tali soggetti di accedere ai dati di gestione per individuare il condomino moroso ed agire direttamente nei confronti di quest’ultimo.
Studio Legale Baldasso
Avv. Silvia Santone