Dall’ Uppi alcune proposte concrete di soluzioni per un Piano Casa ambizioso e di future iniziative in materia di politiche abitative

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Alcune proposte concrete di soluzioni per un Piano Casa ambizioso che avrà un impatto sociale importante anche nella città di Reggio Calabria, presentate dall’ U.P.P.I. – Unione Piccoli Proprietari Immobiliari, in qualità di organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa dei piccoli proprietari immobiliari con migliaia di iscritti in tutta Italia, al  2° tavolo di consultazione per l’adozione di un “piano casa” e di future iniziative in materia di politiche abitative.

 

Al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti

Sen. Matteo Salvini

Oggetto: 2° tavolo di consultazione per l’adozione di un “piano casa” e di future iniziative in materia di politiche abitative.

 

L’U.P.P.I. – Unione Piccoli Proprietari Immobiliari, in qualità di organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa dei piccoli proprietari immobiliari, con migliaia di iscritti in tutta Italia, provvede a fornire alcune proposte concrete di soluzioni per un Piano Casa ambizioso che avrà un impatto sociale importante.

NORMATIVE 

Saranno necessarie nuove normative che mettano al centro la qualità, la sicurezza strutturale ai fini sismici e l’efficientamento energetico degli edifici.

AGEVOLAZIONI E INCENTIVI FISCALI 

Saranno necessarie agevolazione fiscali per stimolare l’attività edilizia incentivando i proprietari che si obbligheranno a sviluppare particolari tipi di progetti, come il recupero di edifici esistenti o la realizzazione di abitazioni a basso impatto ambientale. Occorre, inoltre, reintrodurre la cessione del credito e dello sconto in fattura per tutte le tipologie di interventi e particolari facilitazioni per l’accesso al credito a tassi agevolati non solo per i proprietari con redditi più bassi. Tali incentivi dovranno essere garantiti a fronte degli ingenti investimenti finanziari che i proprietari saranno chiamati a sostenere sia per la riqualificazione energetica che sismica dei loro fabbricati. Le agevolazioni fiscali dovranno essere necessariamente previste in tempi lunghi sia per programmare gli investimenti sia per contrastare l’aumento dei prezzi che di conseguenza si verrebbe a creare contraendo le tempistiche di intervento, come si è verificato con l’introduzione del superbonus. Inoltre, per gli interventi di maggior rilievo, sarà necessaria l’acquisizione di un’asseverazione qualificata per eliminare qualsiasi possibile frode.

IMPATTO SULLA CRESCITA URBANA

Un Piano Casa deve influire sulla crescita delle aree urbane, determinando dove e come nuove costruzioni si possono edificare. Questo può contribuire a creare comunità più vivibili, favorendo la costruzione di infrastrutture sociali e servizi pubblici. La crescita, inoltre, non può non passare dalla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente che rappresenta la maggiore percentuale degli edifici esistenti.

In Italia ci sono più di 16 milioni di fabbricati, di cui oltre il 90% è residenziale. Di questi edifici, oltre il 70% è stato costruito prima dell’anno 1980 e oltre il 50% prima dell’anno 1970, epoca in cui la priorità non era avere una casa energeticamente efficiente né una casa costruita ai fini antisismici. Si ricorda che il territorio nazionale è stato definito sismico nella sua estensione nell’anno 1982 e la prima legge in materia di contenimento energetico è la Legge 30/04/1976, n. 373 che prevedeva la determinazione delle caratteristiche di isolamento termico degli edifici da costruire e da ristrutturare. Da quanto sopra emerge che la riqualificazione urbana comporterà un impegno economico elevato sia per il contenimento energetico che per la sicurezza al fine di contrastare gli effetti catastrofici dei terremoti in termini di perdite di vite umane e di danni alle costruzioni.

ACCESSO ALL’ABITAZIONE

Normative e incentivi possono influire sull’accesso all’abitazione, favorendo soluzioni abitative più sostenibili ed adatte alle diverse esigenze di una popolazione con ceti sociali diversi. Il diritto alla casa, così come sancito nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e nel Patto istituzionale relativo ai diritti economici sociali e culturali del 1966, deve essere garantito ad ogni individuo al quale spetta un tenore di vita sufficiente a sostenere salute e benessere proprio. Questo Piano Casa dovrà essere concepito anche per promuovere l’uguaglianza sociale, cercando di soddisfare le fasce di popolazione che in questo momento storico non hanno accesso ad alloggi dignitosi. Occorrerà ripristinare il bonus barriere architettoniche 75%, ante DL 212/2023, che dovrà riguardare non solo gli interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche aventi ad oggetto scale, rampe, ascensori, servo scala e piattaforme elevatrici, ma anche tutti gli altri interventi all’interno delle abitazioni affinché gli immobili possano essere maggiormente accessibili e fruibili da tutti.

SVILUPPO ECONOMICO 

L’implementazione di un piano casa “intelligente” può stimolare la crescita del settore edilizio generando un aumento della domanda di materiali da costruzione, manodopera e servizi correlati. L’espansione del settore edilizio legata al piano casa creerà molti nuovi posti di lavoro, coinvolgendo direttamente ed indirettamente professionisti dell’edilizia, progettisti, fornitori ed altro personale correlato. Le attività legate all’edilizia potrebbero favorire lo sviluppo di piccole e medie imprese locali.

RINASCITA URBANA E INCREMENTO DEL VALORE IMMOBILIARE

Un Piano Casa ben concepito può contribuire alla rinascita di aree urbane, aumentandone il valore immobiliare, favorendo investimenti in progetti di riqualificazione e rivitalizzando il commercio nei centri storici delle città.

CONTRIBUTO AL PIL

L’espansione del settore edilizio può avere un impatto positivo sul PIL di un paese contribuendo alla crescita economica complessiva.

EFFICIENTAMENTO ENERGETICO DEGLI IMMOBILI E SCELTE ANTISISMICHE

Parlamento, Consiglio e Commissione Ue hanno raggiunto un accordo provvisorio su un testo relativo alla Energy performance of buildings Directive (Epbd). L’accordo del 07/12/2023 ha certamente raggiunto una mediazione e il testo definitivo sarà votato dalla Commissione Europea entro il corrente mese di gennaio.

Il percorso per arrivare ai tempi di attuazione per l’efficientamento energetico sarà più sostenibile. Termine finale 2050, a tappe intermedie. Ma non dimentichiamo che, secondo i dati in possesso dell’U.P.P.I., circa 16 milioni di abitazioni sono senza certificazione APE e 26,5 milioni si trovano nelle classi G e F con molta difficoltà si potrà arrivare alle date di scadenza imposte dall’UE. Inoltre, proprio per il fatto che l’obiettivo generale prescinde dai risultati relativi al singolo edificio, si rischia di puntare a strategie che non coinvolgano direttamente i proprietari che invece sono i veri protagonisti del cambiamento.

In dettaglio, la disciplina stabilisce che: entro il 2030 gli immobili residenziali più inquinanti dovranno ridurre i consumi energetici medi del 16%; entro il 2035 la riduzione salirà al 2022%; entro il 2033 per gli edifici non residenziali la riduzione dovrà essere del 16% entro il 2030 e del 26%. Dal 1° gennaio 2030, tutti i nuovi immobili residenziali dovranno essere a zero emissioni da combustibili fossili, mentre per gli edifici non residenziali l’obbligo scatterà a partire dal 1° gennaio 2028. La riduzione del 55% dei consumi energetici dovrà essere ottenuta attraverso la riqualificazione degli immobili con le prestazioni energetiche più basse. Più in particolare, entro il 2030, le ristrutturazioni dovranno coinvolgere il 15% degli immobili non residenziali ed, entro il 2033, il 26% degli edifici di classe energetica più bassa.

La nuova disciplina assegna inoltre una maggiore autonomia ai Paesi membri che avranno la facoltà di scegliere gli edifici da riqualificare, di stabilire le misure da adottare e di decidere eventuali esenzioni. La normativa stabilisce infine lo stop per gli impianti di riscaldamento a combustibili fossili (come le caldaie inquinanti) entro il 2040, mentre dal 2025 verranno aboliti tutti i bonus per le caldaie autonome.

Secondo le stime Enea, 11 milioni di abitazioni, cioè il 74%, sarebbero in classe energetica inferiore alla D. Tenuto conto dei lavori fatti sotto la spinta del Superbonus, potenzialmente in Italia si potrebbero riqualificare 290.000 unità abitative l’anno e quindi con tempistiche molto distanti da quelle ipotizzate se restano immutati i tempi della direttiva.

L’impatto dell’attuazione della direttiva in Italia porta a stimare che ad oggi il costo medio per adeguare le case si colloca in un range fra i 40.000 e i 55.000 euro ad appartamento.

Unitamente all’aspetto energetico va tenuto conto anche della pari necessità di riqualificare sismicamente il patrimonio edilizio italiano. La spesa stimabile per interventi di miglioramento sismico non invasivi (rafforzamenti locali, antiribaltamento dei paramenti esterni e ripristino di parti ammalorate) per la medesima tipologia di edifici, in zona sismica 1 e 2, è oggi stimabile pari a circa 55.000 euro per appartamento. Si rende quindi necessario prevedere interventi antisismici agevolabili anche per i soli interventi locali e non solo per quelli che prevedano il miglioramento di classi sismiche con percentuale di agevolazione del tutto identiche.

INTERVENTI IMMEDIATAMENTE REALIZZABILI

Dalle statistiche in nostro possesso emergono alcune importanti considerazioni e cioè che il patrimonio immobiliare italiano esistente in ogni Comune ha il 28% delle abitazioni inabitate. I motivi sono i più disparati, dall’impossibilità di sistemare dal punto di vista urbanistico, dall’aumento esorbitante e ingiustificato dei costi di ristrutturazione, dall’abbandono della proprietà immobiliare che non ritiene remunerativo recuperarli, e così via. Per tali motivi, sono milioni gli appartamenti alla mercé del destino e che dovrebbero essere invece tutti recuperati e reimmessi nel mercato. Ovviamente il recupero passa per l’incentivo fiscale, unica arma per rimetterli sul mercato a cui lo Stato potrebbe affiancare contributi pubblici da destinare alla ristrutturazione di appartamenti inagibili, a fronte dell’impegno del proprietario a locare tali immobili a persone in difficoltà economica, per un determinato periodo, e a canoni di locazione quasi azzerati. Questo significherebbe non avere necessità di impattare ancora con nuove costruzioni sul territorio, ma un recupero efficace ed efficiente.

Concedere l’applicazione della cedolare secca in tutti i Comuni italiani e semplificare le procedure di sfratto affiancando gli ufficiali giudiziari non solo dalla forza pubblica, ma anche dalla polizia privata, faciliterà la messa sul mercato degli immobili attualmente sfitti. Per risolvere l’emergenza affitti per gli studenti fuorisede occorre per l’UPPI l’introduzione di nuove misure quali: l’eliminazione dell’IMU per tre anni; l’incremento della detrazione IRPEF dell’affitto annuo pagato, con una percentuale da definire per gli studenti e senza limitazione chilometrica; la corresponsione diretta da parte delle aziende per il diritto allo studio universitario, di una percentuale del canone di locazione; la garanzia da parte dell’azienda per il diritto allo studio universitario, per la riconsegna dell’immobile a locazione terminata e per il pagamento dei canoni di locazione fino al termine del contratto.

REVISIONE DEL TESTO UNICO IN MATERIA EDILIZIA PER RENDERE POSSIBILE LA RIQUALIFICAZIONE DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE

Nonostante il Decreto Semplificazioni abbia svincolato la possibilità di ottenere i benefici fiscali al 110% dalla legittimità urbanistica del fabbricato, i rilievi sempre più accurati, hanno fatto emergere una infinità di problemi sulla possibilità di cessione dei crediti a causa dell’estrema rigidità del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 che, se applicato puntualmente, non permetterebbe di eseguire i lavori di riqualificazione, compreso quelli di natura energetica, e quindi di usufruire dei benefici fiscali alla maggioranza dei proprietari di immobili costruiti fino agli anni 2000. I rilievi sui condomini sempre più approfonditi hanno in molti casi messo in luce difformità che, precedentemente, quando si rilevavano le sole singole unità immobiliari, non venivano rilevate. Ad esempio, il maggior spessore dei solai dovuti a regole costruttive che hanno comportato una maggiore altezza del fabbricato, una dimensione planimetrica e altimetrica maggiore realizzata in fase di costruzione, la realizzazione di balconi non previsti in progetto, lo spostamento delle finestre nei prospetti, ma tutti interventi coevi con la costruzione.

La quasi totalità di queste difformità non rientrano nella tollerabilità e nella casistica che può ottenere il permesso di costruire in sanatoria. Inoltre, dall’entrata in vigore del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 pochissimi proprietari hanno verificato la legittimità del proprio immobile in relazione all’intero fabbricato, molti di loro, quindi, hanno usufruito delle agevolazioni fiscali sia per lavori sui singoli immobili che per lavori condominiali nell’inconsapevolezza delle difformità esistenti.

E’ utile sottolineare che moltissime di queste difformità non sono abusi edilizi degni di nota, sono state eseguite in corso d’opera, in moltissimi casi sono state “cerziorate” con certificati di abitabilità rilasciati da tecnici comunali; certificati che per prassi sopperivano alla presentazione di un progetto a consuntivo. Molti degli immobili con queste difformità sono stati compravenduti anche decine di volte con il risultato che l’ultimo proprietario si troverebbe a pagare sanzioni penali senza ottenere la legittimità edilizia.

Il Testo unico in materia edilizia mette sullo stesso piano difformità lievi e di prassi costruttiva, riscontrabili nella quasi totalità degli edifici costruiti fino agli anni 2000, con quelle che possono essere considerate abusi edilizi e degni di essere perseguiti. Se si vuole rendere possibile la riqualificazione del patrimonio immobiliare italiano, l’U.P.P.I. ritiene che sia necessario superare l’attuale normativa che non permette di eseguire i lavori su immobili che hanno difformità ed abusi eseguiti in corso d’opera. E’ necessario, altresì permettere la sanatoria anche di edifici con abusi di maggiore cubatura in zone urbane non di pregio, differenziandoli da quelli che riguardano la costruzione di interi edifici in zone inedificabili o con vincoli ambientali. Occorrerà intervenire sull’art. 9-bis, comma 1-bis, così come proposto da alcune Regioni, per tenere conto della prassi procedurale che, fino agli inizi degli anni 90, concludeva l’iter della pratica edilizia con il rilascio del certificato di abitabilità, considerandolo a tutti gli effetti un titolo abilitativo. Quanto sopra potrà essere risolto intervenendo sul combinato disposto degli artt. 9-bis, 34, 34 bis, 36 e 49 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

RingraziandoVi per aver coinvolto l’Unione Piccoli Proprietari Immobiliari, rimaniamo a Vostra completa disposizione per eventuali chiarimenti.

Roma, 16 gennaio 2024

 

Il Presidente Nazionale U.P.P.I.

Avv. Fabio PUCCI

 

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