E’ tenuto al pagamento dell’IMU il proprietario a cui è stata abusivamente sottratta la disponibilità dell’immobile di sua proprietà. A tale conclusione è giunta la CTR del Lazio in accordo con le tesi prospettate dall’Ufficio. Spiegano i giudici che la temporanea perdita del possesso dell’immobile per occupazione abusiva non costituisce una sorta di causa atipica di esenzione dal pagamento dell’IMU. Ai fini tributari, infatti, i soggetti passivi dell’IMU devono essere individuati tra coloro che sono titolari del diritto di proprietà dell’immobile o di altro diritto reale di godimento. Nel caso di specie, la perdita di possesso dell’immobile da parte del proprietario non è intervenuta a favore di altro soggetto, a sua volta titolare di un diritto relae di godimento, ma di semplici occupanti abusivi.
Sentenza del 08/06/2021 n. 2858 – Comm. Trib. Reg. per il Lazio Sezione/Collegio 2
Massima:
La temporanea perdita del possesso dell’immobile per occupazione abusiva non costituisce una sorta di causa atipica di esenzione dal pagamento dell’IMU. Possessore dell’immobile è colui che esercita il diritto di proprietà o un diritto reale di godimento, configurazione del profilo soggettivo dell’obbligazione tributaria che non si pone in contrasto con la nozione di possesso che si ricava dall’art. 1140 c.c., né è ipotizzabile una ricostruzione della figura del possesso svincolata dalla corrispondenza ad un diritto reale. Nel caso di occupazione abusiva di un immobile la temporanea perdita del possesso da parte del proprietario non interviene a favore di un altro soggetto, a sua volta titolare di un diritto reale di godimento, ma a favore di semplici occupanti, circostanze che non fanno venir meno l’obbligo di versamento dell’IMU. (G.T.).
FATTO
La società “XXXXXX Spa”, con ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale di Roma, aveva impugnato il silenzio – diniego serbato da Roma Capitale, in relazione alla istanza di rimborso, in data 16 giugno 2017, per l’importo di euro 1.506.305,76, versato a titolo di IMU-TASI, per gli anni dal 2012 al 2016.
La società aveva rappresentato che tale pagamento era stato erroneamente effettuato, atteso che l’imposizione aveva riguardato un complesso immobiliare, sito in via XXXXXXXXX nn. 383-387, che sin dal gennaio 2012 era stato occupato abusivamente.
Roma Capitale si era costituita nel giudizio di primo grado, replicando alle eccezioni della controparte.
All’esito del giudizio di primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso, compensando le spese.
Roma Capitale ha impugnato la sentenza di prime cure, ritenendo che la stessa è fondata su una errata analisi della normativa di riferimento.
Preliminarmente, ha ricordato come l’art. 13, del d.l. n. 201/2011 (convertito con modifiche dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011) individui il presupposto impositivo dell’IMU e della TASI nel possesso di immobili di cui all’art. 2 del D. Lgs. n. 504/92 e ss.mm.ii.”.
Conseguentemente, ha rappresentato che “l’elemento che rileva nel collegamento tra cespite e soggetto è il possesso dell’immobile definito dall’art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 23/11 quale possesso che trae la sua fonte nella titolarità del diritto di proprietà, superficie, usufrutto, ecc.”
Tenuto conto di tale assetto normativo, l’Ufficio ha evidenziato che, nel caso di specie, “la XXXXXXXX Spa resta proprietaria degli immobili di interesse, nonché titolare dello ius possidendi, che è il titolo di chi possiede la cosa”.
Con la conseguenza che “la limitazione del diritto di proprietà che si sostanzia nell’impossibilità di disporre degli immobili non determina (…) una perdita del diritto di proprietà o di altro diritto reale, tant’ è che il bene può essere oggetto di vendita da parte della società ricorrente”.
Pertanto, il Comune ha chiesto la riforma della sentenza di prime cure, con la condanna della controparte alle spese di entrambi i gradi di giudizio.
La società si è costituita in giudizio ed ha replicato alle avverse eccezioni.
In primo luogo, ha ricordato che il presupposto dell’imposta è costituito dal possesso del bene.
Dopo aver richiamato le nozioni civilistiche di proprietà e di possesso, ha evidenziato che, secondo la giurisprudenza, ai fini del possesso rileva la presenza di due elementi, quello oggettivo (i.e. corpus possessionis), ossia il potere materiale di fatto esercitato sulla cosa, e quello soggettivo (i.e. animus possidendi) ossia l’intenzione del soggetto di esercitare sul bene i poteri tipici del proprietario o del titolare di altro diritto reale.
Con la conseguenza che “in caso di perdita di entrambi gli elementi costitutivi o di uno solo dei due, dovrebbe determinarsi l’estinzione della situazione possessoria”.
In proposito, la giurisprudenza ha precisato che “per la conservazione del possesso, non occorre la materiale continuità d’uso, né l’esplicazione di continui e concreti atti di godimento e di esercizio del possesso, ma è sufficiente che la cosa, anche in relazione alla sua natura e destinazione economico- sociale, possa ritenersi rimasta nella virtuale disponibilità del possessore, potendo il possesso essere mantenuto anche “solo animo”, purché il soggetto abbia la possibilità di ripristinare il contatto con la cosa non appena lo voglia (Cfr. Cass., Sez. II, 11 novembre 1997, n. 11119)”.
Sul punto, ha concluso che “dal coordinamento dei principi in materia di possesso con quello di capacità contributiva, è pacifico che il proprietario di un immobile abusivamente occupato non possa essere considerato attualmente ed effettivamente titolare di alcun indice di capacità economica”.
In secondo luogo, ha insistito sulla “palese insussistenza del requisito del possesso degli immobili occupati e la conseguente assenza del presupposto impositivo IMU e TASI”.
In terzo luogo, ha sottolineato la mancanza, nel caso in esame, della “signoria di fatto” sul bene abusivamente occupato.
Al riguardo, ha richiamato la giurisprudenza di legittimità, secondo cui “in tema di conservazione del possesso o della detenzione “solo animo” è necessario che il possessore abbia la possibilità di ripristinare il contatto materiale con la cosa quando lo voglia con la conseguenza che quando questa possibilità sia di fatto preclusa da altri o da una obiettiva situazione dei luoghi il solo elemento intenzionale non è sufficiente per la conservazione del possesso”. (Cass. Sez. Vn. 5626 del 20 marzo 2015)”.
In quarto luogo, ha evidenziato l’impossibilità di ripristinare un contatto con il bene immobile.
Infine, la società ha richiamato giurisprudenza di legittimità e di merito in relazione a fattispecie analoghe.
In conclusione, ha chiesto il rigetto dell’appello e la condanna alle spese di entrambi i gradi di giudizio nella misura massima.
DIRITTO
1. La questione controversa all’esame del Collegio concerne il tema della individuazione del presupposto dell’imposta IMU.
L’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 23 del 2011 dispone che “L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili diversi dall’amministrazione principale”; il successivo art. 9, comma 1, precisa che “Soggetti passivi dell’imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi”.
Ai fini tributari, pertanto, i soggetti passivi dell’imposta IMU debbono essere individuati tra coloro che sono titolari del diritto di proprietà dell’immobile o di un diritto reale di godimento.
Il criterio previsto dal legislatore per compiere tale operazione è quello del possesso del bene.
In altri termini, è possessore dell’immobile colui che esercita uno dei diritti sopra menzionati.
Non c’è spazio per altri soggetti giuridici.
Invero, la configurazione del profilo soggettivo dell’obbligazione tributaria in relazione alla figura del possessore del bene non si pone in contrasto con la nozione di possesso che si ricava dall’art. 1140 c.c., secondo cui “il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in una attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale”.
Anche per il diritto comune, infatti, la situazione del possesso corrisponde ad un diritto reale, la cui configurazione giuridica è sempre riportata ad una categoria chiusa.
Quanto sopra premesso, non è condivisibile la prospettazione della società, secondo la quale, ai fini dell’individuazione del soggetto passivo dell’IMU occorrerebbe fare riferimento ad una ricostruzione della figura del possesso svincolata dalla corrispondenza ad un diritto reale.
Come risulta dal quadro normativo, tale soggetto non può essere che il proprietario o il titolare di un diritto di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi o superficie.
La verifica del possesso del bene assume rilievo solo per individuare il soggetto passivo all’interno di tale cerchia di soggetti giuridici.
Ne consegue che le circostanze che possono incidere sulla perdita del possesso da parte di uno dei predetti soggetti non assumono rilievo ai fini tributari, salvo che tale possesso non si sposti in capo ad un altro degli altri soggetti appartenenti alla stessa cerchia.
Nel caso di specie, invece, la perdita di possesso dell’immobile da parte del proprietario non è intervenuta a favore di un altro soggetto, a sua volta, titolare di un diritto reale di godimento, ma di semplici occupanti abusivi.
E’ evidente che tale circostanza, per le dimensioni del fenomeno accaduto e per la rilevanza sociale del problema della carenza abitativa nel territorio comunale, assume una particolare valenza, che supera il ristretto ambito della giurisdizione tributaria.
Nondimeno, pur comprendendo le ragioni di un proprietario cui è stata abusivamente sottratta la disponibilità del proprio immobile, non è possibile riconoscere una sorta di causa atipica di esenzione dal pagamento del tributo.
2. All’esito della precedente ricostruzione della controversia, la sentenza di prime cure deve essere riformata.
Il Collegio, tenuto conto della particolare condizione del soggetto passivo d’imposta, cui è stato abusivamente sottratta la disponibilità del bene che forma la base imponibile del tributo, reputa sussistenti gravi motivi per disporre la compensazione delle spese.
Quotidiano Del Condominio