Per l’U.P.P.I., Unione Piccoli Proprietari Immobiliari, non ci sono dubbi sul successo della cedolare secca sugli affitti. A testimoniarlo le statistiche, rese note in questi giorni, relative alle dichiarazioni presentate nel 2016 che parlano di 1,7 milioni di soggetti (+22,4% rispetto all’anno di imposta 2014) per un imponibile di 11,2 miliardi di euro (+21,2% rispetto al 2014).
L’imposta dichiarata è stata di 2,1 miliardi di euro con un aumento del 17,5% rispetto al 2015. Il maggior incremento si è registrato per i contratti a canone concordato la cui aliquota è stabilita al 10% (+47,5%) per un ammontare che passa da 1,7 a 2,7 miliardi di euro.
Dal momento che l’aliquota ridotta al 10% interessa la tipologia dei contratti a canone concordato rileviamo che tale tipologia contrattuale, in seguito proprio all’introduzione della tassazione agevolata, ha fatto un grande balzo in avanti proprio nel 2014 quando ne furono censiti oltre 310mila, quasi il doppio dell’anno precedente e circa cinque volte di più del 2011.
Positivo, inoltre, il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate che ha dato parere favorevole all’applicazione della cedolare secca al 10%, anziché quella del 21%, anche per le locazioni transitorie.
A tali considerazioni va aggiunta quella, non meno rilevante, dell’emersione dal circuito nero: l’importo soggetto a cedolare secca cresce maggiormente nelle regioni meridionali (+26,9%) e isole (+29,7%) rispetto al trend nazionale.
Per tali ragioni l’U.P.P.I. chiede al Governo di intervenire affinché l’aliquota del 10% per i contratti concordati, la cui scadenza è prevista per il 31 dicembre 2017, sia confermata anche per il 2018 e messa a regime e che lo stato di incertezza, derivante da una non ancora esplicitata scelta del legislatore, venga dissipato il prima possibile al fine di rendere note, a quanti siano in procinto di stipulare un contratto di affitto, le condizioni fiscali che verranno applicate dal 2018 in avanti.